December 19, 2018

Tavoli ampi

Questo tavolo è troppo ampio, mi sembra una ringhiera dalla quale cerco di sporgermi in punta di piedi. Ho voglia di cadere di sotto. Mi sembra che questo rischio di sprofondarti negli occhi sia uno di quei rischi che, d’accordo. Siamo ragazzi coraggiosi, no?

 

Ecco, sei un pensiero. Che poi fa freddo e la notte e la foschia e Torino. Alla fine sono paralizzato, mi muovo a scatti, o niente affatto, ma sono paralizzato a quel modo buono, che mi sta bene. Che poi va bene se uno mica dorme. Che a volte è bello stare lì a pensare con in circolo il vino, le immagini, i suoni. Come un vin brulé che ti scompiffera. Un sorso e già ti sale l’alcol, un altro e hai l’allegria tutt’addosso. Un altro ancora e già balleresti per le strade.

 

Nelle orecchie c’ho queste canzoni di Avicii che davvero mica me l’aspettavo. Che d’altra parte è bello farsi trovare non in guardia, talmente vulnerabili alla sorpresa che la lasci scorrerti addosso, avvolgerti, che tu alla fine non ti raccapezzi. Stupirsi in modo forte, di quel modo che poi ti rimane una curiosità che ti si infila sotto al cuscino, dietro all’orecchio, che ti fa prudere un gomito, che ti fa venire voglia di saltellare. Di parlare. Di parlarti. Ecco, io ti parlerei parecchio, così, e poi ti ascolterei parlare e mentre tu parli io mi sporgerei. Guardo e non vedo il fondo, vedo solo mille e una cosa che vorrei provare a capire, e che anche se non riuscissi mai, sarebbe uno di quei viaggi che sono un’avventura che, alla fine, se non si vive per avventure così grandiose allora, davvero, sarebbe da lasciar stare, da lasciar perdere.

 

Capisci quello che dico? Lo dico male, lo dico talmente piano che non lo dico affatto. Però, mi si scioglie in un sorriso che dura tutto il giorno.

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