C’era un periodo in cui mi sono ritrovato di fronte a mutamenti forti. Feroci.
Ci fu un attimo di silenzio. Chiusi gli occhi. Interiorizzai lo stato di distruzione, le macerie tutto intorno.
Poi, seguii il solito istinto. La reazione iniziò a farsi strada. In certi momenti fai il conto delle tue forze. Io potevo cantare su passeggiate con C. & B., con parole sagge che volavano dalla lega anseatica a qui. Poi potevo contare sul mio curriculum di resurrezioni. Sulla mia storia che, potrà non essere dolce o bella da vedere, ma di sicuro mi insegna che ho energie che non posso più negare.
Non è che fosse abbastanza. In fondo avevo un addio lento e profondo da dare a un’epoca che era stata serena come forse mai avevo vissuto. A una marea di cose fatte, di luoghi vissuti, di traguardi condivisi. Un pezzo di Vita che io vi sfido a mettere in fila.
Si trattò di una scintilla, di un guizzo a incendiare la comprensione di Torino e le sue vie antiche, appisolate fra porte romane e prima cristianità. Quell’angolo che tutti conoscono e nessuno capisce, nessuno sa respirare appieno. Si trattò di una scintilla, di una scusa, di un piccolissimo scatto improvviso. Io l’ho preso e l’ho usato. Non l’ho mica lasciato morire. L’ho usato per riniziare a scrivere freneticamente, per cercare nuove passioni, per uscire. Ho ingollato contratti e redbull, bevuto birra e margarita, sciacquato le tonsille con Glen Grant, distribuito Negroni per il mondo, sfondato ogni porta che si opponesse al mio passaggio.
Sono cambiato, perchè mi andava. Perchè o si muore o ci si rinnova. Ho preso a mangiare meno, a svegliarmi a orari inconsulti, a guidare, a fare tardi, a chiamare persone che non rivedevo da lungo tempi, da diversi esili. Alcune amicizie mi ha dato un piacere immenso ritrovarle. Per esempio G. e G. Delle G per altro molto diverse. Non so nemmeno se si conoscano. Comunque io ho usato la voglia come carburante, l’alcol come lubrificante, la mancanza di sonno come un additivo che da una patina di meraviglia.
Sono arrivato in questo modo qua all’imbocco dell’estate, quando il caldo mi insegue fino a sera. Poi c’è quell’ora in cui riprendo il fiato, in cui una brezza improvvisa mi colpisce e mi rinfresca il sudore lungo la schiena. Di solito trova me e un boccale in mano, Istrice che suona sullo sfondo. A quel punto esco. Talvolta so per dove, talvolta no. Ma la strada ha quel modo di svolgersi da sè sotto i miei piedi o sotto le ruote. Poco importa. Poco importa anche arrivare, è solo tempo di andare, di tenere la scintilla accesa. Di prolungare lo scatto.
Sai, alla fine un Uomo lo giudichi da come risorge. Vale anche per sè stessi.