Quella luce, che avvolgeva la stanza, che batteva forte sulle pietre di Luserna. Quella luce si e’ spenta.
Ha indossato uno dei miei maglioni, svuotato la libreria. Ha prenotato un biglietto. E’ strano come pochi euro, qualche ora di pullman, qualche vecchia valigia possano fare una tale differenza. Quanti mesi ci stanno in uno scatolone? Quante giornate puoi mettere via, farle sgusciare dalla tasca e continuare a camminare? Di cosa riecheggia la casa, ora?
E’ strano ripensare a quanto poco peso diamo ai giorni mentre accadono. A tutte le domeniche che sono rimasto a lavorare. Alle volte che in treno abbiamo letto, in albergo siamo rimasti a guardare Chasseurs d’Appart’.
Vorrei.
Che cos’e’ che vorrei? Non saprei dirlo, non saprei neanche volerlo. Mi si e’ intorpidito il cuore.
E’ come guardare una foglia cadere lentamente, dopo una lunga e bella estate. Non sei arrabbiato, sei dispiaciuto ma in un modo un poco sereno. Come se ogni estate debba morire, a suo modo, a suo tempo, e questo non la rende meno bella. Lo sai che non sai senso tentare di allungare i mesi, di cambiare il tempo. Le stagioni passano ed era giusto cosi’. E’ giusto cosi’. Pero’, se solo potessi tornare indietro, passare un altro di quei pomeriggi, una passeggiata un po’ piu’ lunga. Scivolerei lungo St. Stephen’s Green. Tornerei a casa e ti guarderei suonare. Ti farei una foto in piu’. Per l’inverno, sai.
Ma tu continua a cadere e danzare, fogliolina. Fai spazio a qualcosa di piu’ bello e grandioso. Ma non ti offendere se ti ripensero’, nel pieno dell’estate, quando sembrava non saresti caduta mai. Non tu.
Che poi forse lo sapevamo da sempre, ma e’ stato bello fare finta di no.