October 27, 2020

C’avevo

A un certo punto ho smesso.

Smesso di scrivere dirai tu.

In effetti si, ho smesso di scrivere. Perche’ non c’avevo tempo di vivere. Non c’avevo l’energia, non c’avevo l’attenzione, non c’avevo la voglia, la capacita’ e l’interesse.

Io c’avevo da fare un’azienda, da fare i soldi. Da far vedere, a me stesso, che a me, francamente, dell’opinione degli altri importa poco. Sono troppo arrogante io. Ho troppa ragione che mi straborda dalle tasche e nemmanco la raccolgo.

Ogni tanto mi fa appena male qualcosa, come la sensazione di un arto che non c’e’ piu. Come li chiamano quei dolori ai pezzi che non hai?

Per esempio, sono stato in Liguria d’inverno e ho cercato finestre e spiagge. Volevo ricordarmi per un attimo com’era avere male, molto male. Avere quel rimpianto che ti soffoca. Come quando ascoltavo le citta’ senza fiumi e quel loro piangere un po’ sciocco, un po’ ingolfato. COme un sapio in gola, che esce male, che non e’ neanche un suono.

A bolte mi vengono come delle vampate di sensazioni, degli intuiti un po’ pers, giusto frammenti incastrati nei cassetti. Mi sembra di ricordare com’era essere giovane, vivo, pieno di sentimenti che faticavo a controllare. Come mi sentissi l’energia cercare di distruggere la pelle, di avvampare l’aria attorno a me. E finiva solo che guidavo forte, che mi intraversavo in rotonda, che finivo la birra nel bagagliaio.

Mi mancate tutti. Mi manco soprattutto io.

Ho pensato che e’ vero che sia strano come si torni sconosciuti.

Io vorrei incontrarvi di nuovo, sapete. G. dagli occhi azzurri e la voglia di altalene, C. Che trangugia guiness, Bestie assatanate di voglia di vita, Assi che sfrecciano fra Placebo e Chemical Brothers, G. Che mi legge le carte. C. Che ha visto i miei stessi paesi. E donne sconsiderate che, a rimpiangerle c’ho passato buona parte della Vita. Ho consumato i sentimenti. Alla fine mi era rimasta carta vetrata consumata.

E adesso io c’ho dell’ottima compagnia. Passo belle serate e abbraccio e volteggio, o ci provo.

E per il resto guardo il fatturato, la strategia di comunicazione, i processi. Dico al Project Manager di sentire lo sviluppatore e rispondere a quel cliente questo o quello. Ma quello che vorrei dire e’ che io non sono piu’ qui. Che parlo e dico le cose, ma vorrei voi gia’ le sapeste. Che per me il presente e’ gia’ passato perche’ io sto gia’ pensando a quando il fatturato appena raddoppiato raddoppiera’ ancora e questi processi che definiamo ora saranno vecchi. Io non sono in nessun posto. Ed e’ piu’ facile cosi’. E’ solo un po’ strano. A volte mi sembra di ricordare che qualcosa facesse male. In maniera molto intensa.

Ora a me il bilancio non fa mai male. Devo solo capire come investire le eccedenze.

E forse quei sentimenti scomposti erano eccedenze, di cui non sapevo cosa fare. Si mettevano sempre di traverso.

Come quando ripensavo. A certe sere, a parole che avrei voluto saper pensare. Ed era tutto un digrignare di denti. E continuavo, fino a consumare i denti, la mandibola, le ossa. Cosi’ non aveva senso, direte voi. Non sapevo fare altrimenti.

Per me essere Vivo era avere male dappertutto.

Pero’ ho amato tutti i miei compagni di viaggio, anche quelli che trovavo squallidini e piccoletti, e sciatti, e poco dotati di quell’immensita’ di spirito che era mia e dei begli spiriti a cui mi accompagnavo. Ci si potrebbe nascere e morire, nelle tasche di un loro singolo moto dello spirito, sapete?

Ho visto cose davvero grandi. Ora vivo una vita cosi’ diversa, nelle piccole pause che avanzano. Chissa’ cosa sara’.

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