January 8, 2007

Delle botte mancate e delle partenze irlandesi

E così oggi sono andato a vedere una lezione di Wing Chun in una palestra vicino casa mia. Nello stesso posto tengono corsi di Kung Fu scuola Chang Dsu Yao, lo stesso stile che al liceo ho praticato per due anni. Una parentesi della mia vita, come molte altre, di cui porto con me ricordi confusi. Ricordo le lunghe lezioni, il tornare a casa tardi e la conseguente sonnolenza che ha caratterizzato le mie giornate sui banchi di scuola. Ripenso ai miei maestri, eccezionali, e all’ambiente che c’era: pesante, la mia paura di tossire, il senso di inadeguatezza che si prova di fronte ad una disciplina così antica e che così mal si adatta ai tempi mordi e fuggi di oggi. Praticavo Kung cinque ore a settimane e mi rendevo conto di come fosse una quantità di tempo insignificante di fronte alla totale dedizione che richiede (e comunque uno dei maestri tendeva a farcelo capire ogni singola lezione). Poi l’anno scorso ho provato con il Krav Maga. Mi sono iscritto sull’onda emotiva scatenata dal fatto che i ladri si erano presentati a casa di mia madre. Sapete, mi è capitato di finire in una rissa più di una volta e prendermi qualche botta non mi sembra un gran problema. Si sta molto meno male che dopo certe mie sbornie. Però l’idea di non essere capace un giorno a difendere qualcuno a cui tieni mi colpisce molto di più di un paio di cazzotti. Per quello ho praticato qualcosa di più "concreto" anche se povero da altri punti di vista. Poi Ciube che faceva Krav con me mi aveva parlato del Wing Chun e delle botte da orbi che gli avevano rifilato mentre lo praticava a Lecce. Non che uno abbia il bisogno sfrenato di farsi menare un paio di volte la settimana ma ci si adatta a reagire a situazioni reali solo allenandosi al contatto fisico. Poi magari capita come a me di prendersi un coltello di legno in testa e tornarsene a casa con la sensazione di stare per svenire. Oppure un occhio nero o un dolore in qualche parte del corpo, ma fa parte anche questo della vita dalla quale ci nascondiamo nelle nostre tiepide case. La sensazione che mi ha dato vedendolo dal vivo non è però positiva. Chissà, forse quest’anno niente arti marziali.

Parlo d’altro sai quando il fegato si lamenta ma c’è assolutamente bisogno di fare un brindisi per un tuo amico che è partito. Verso l’Irlanda, ad inseguire la sua vita. Uno che ha il coraggio di guardarla in faccia ed in essa il baratro. Che tu possa avere sempre il vento in poppa, Alessandro.

E bisogna anche bere per avere il coraggio di mangiare questa pasta cotta nella pentola con sono stati preparati gli "aranciozzi di capodanno" (ovviamente senza lavarla…) conditi con un sugo la cui apertura si sperde nei tempi antichi, per dimenticare quei pezzi di mozzarella unitisi e solificatisi in strane forme… spettacoli unici e terribili che vanno in scena solo nella mia cucina…

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