December 21, 2018

Vivere

Chiudi gli occhi un attimo e concentrati su questa inquietudine che si è depositata dove non puoi raggiungerla. È così profondamente dentro te, eppure tu ancora la pensi esterna, una cosa che ti capita. La credi un corpo estraneo che ti si è annidato nell’anima, un parassita che ti attorciglia vene e viscere. Invece quell’inquietudine è parte di te, quel tremore che senti, in profondità che ti scordi di avere. Quella è la sensazione che provi quando si risveglia un sentire che è più profondo, che non attivi che poche volte. È che ci manca l’abitudine ad essere infinitamente umani, straordinariamente vivi, aggrappati a qualcosa che desideriamo veramente, che riconosciamo e che vogliamo, che crediamo ci serva, per vivere, per essere vivi e non solo funzionanti, non solo respirare. È il piccolo dolore dell’anima che si prova ad essere vivi, per essere fallibili, per essere qui e ritrovarsi a tratti brevi. Per incrociarsi, vedersi vivi e aver paura di non restarlo, in tutte le sue implicazioni. Ecco, quando avverti quell’inquietudine tu pensala così, come un segnale che c’è qualcosa, qualcosa di importante.

E così confondiamo con il dolore, con la paura che ne consegue, il semplice essere vivi, ma per davvero. L’idea che le ore contino, che in ballo ci sia qualcosa. È difficile vivere uno di quei momenti che contano, dove si decidono i percorsi. Aspettare una notizia, vedere che cosa succede, attendere che gli eventi si determino, scegliere le parole e i gesti. È che vivere richiede essere vivi, ed essere vivi non è niente affatto facile. Tendenzialmente fa male: ci si taglia, si lotta con forze che non controlliamo. Essere vivi è sfidare la tempesta con una zattera improvvisata. È sorridere e crederci di fronte ad onde di una potenza spaventosa, generate da fenomeni che ci sovrastano. È ridere allo squagliarsi dello scafo, al precipitare dell’albero. È proseguire. È immaginare rive dove vi è solo altro oceano, e pericoli, e infinità inaffrontabili. E però affrontarle lo stesso.

Siamo vivi solo a tratti, io lo sono solo quando avverto ci sia qualcosa valga la pena vivere. Mi sento i muscoli del vivere anchilosati, eppure gli chiedo sforzi e scatti e gesti forti e determinati. Alla fine mi ritrovo spossato, spesso mi ritrovo nuovamente spento. In attesa di vivere ancora, un poco, quando il destino determina che si può.

Vivere è sentire un dolore per cui non vi è cura.
Sopravvivere è più facile, è addormentarsi mansueti, dimenticare l’inquietudine.
Sai, lo avverti questo dolore mica sempre, lo avverti quando vi è qualcosa, qualcosa che sia vivo, che sia profondamente vicino.

Chissà se ha senso imparare a vivere così, solo per imparare. Chissà. Ho sempre più domande, ho il cuore sempre più dolce. È questo il mio modo di invecchiare.

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