December 8, 2018

Respiro

Sai vorrei spiegarti il senso di certe sere.

Vorrei ti sedessi e ascoltassi questo respiro leggero. Che comprendessi che, in un miracolo, sono riemerso. Sono qui. A un solo metro. Ecco mi faccio più vicino. Sento quasi il tuo respiro. C’è solo un gatto fra me e te, una bottiglia vuota. Sei vicina. Eppure. Fra di noi ci sono storie e ragioni, e buoni propositi, e blister vuoti, e risvegli tardivi. Quante cose a sporcare le distanze, a renderle indefinibili. Perché suona così complicato? Siamo davvero intrappolati in discorsi che si ripetono, in gesti brevi, in buonsenso da almanacco del giorno dopo. Chissà se grattando via queste cose rimarrebbe solo la distanza che si può colmare allungando un braccio, porgendo una mano. Una distanza da nulla, che non viene da farci caso. Così, che se ci venisse da vivere in modo semplice non saremmo già più qui, staremmo inseguendo spicchi di sole su colline che costeggiano la nostra vista. Che sono familiari. Che sono raggiungibili. Ma tu guardi il fiume scorrere così lento, osservare i dodici mesi restare immobili come pietra. Sfuggiremo la trappola di divani e rituali, di quadrati che non si scerchiano, di discorsi che si ripetono, di parole che si incastrano, di sguardi che appena si mancano. Non sembra difficile, ma sotto c’è la Vita e io e te, ammettiamolo, non siamo tanto bravi a vivere. Siamo degli specialisti, come ci tiri fuori dal nostro campo ci incastriamo. Siamo aironi goffi, fino a che spiccano il volo. Cos’è che ci inchioda a questa terra sudicia? La paura? L’imbarazzo di stendere alì così grandi di fronte a un popolo di galline e oche dagli arti rattrappiti. Non lo so. Cosa ci facciamo ancora qui? Quale permesso stiamo aspettando?

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