Ricordo, era l’estate del 2010, ricordo quel che vedevo e quella sensazione che sale fino alla gola e blocca tutto il resto. Una risposta chiara e forte. Come dicevo era l’estate del 2010. Quell’anno mi ero trovato a dover ridiscutere tutto. A dover gestire un momento di passaggio. Mi ero come ritrovato in mezzo al deserto, senza sapere quanti giorni di cammino mi separassero dalla salvezza, quanti prima di poter approdare a uno spiraglio, una possibilità di ricominciare. Quell’estate allora ho preso la macchina e sono partito, da solo. Mi sono diretto verso nord,senza conoscere bene tappe o tempi. Dovevo ancora chiudere il conto in banca che avevo Karlsruhe, inutilizzato…
Bisogno di aria
Ho bisogno d’aria, d’aria nuova. Di aria respirabile. Ho bisogno di nuove sfide, di nuove terre. Qui, ai margini dell’impero che crolla, avvizzisco. Mi spegne l’aria viziata, la stanchezza, la mancanza di energia. Finisco per farne parte anch’io, decorando questo vuoto stanco e lamentoso, diventandone parte attiva: l’arredamento di scarso gusto, fra le rovine sciatte. Basta. Ho bisogno di luoghi dove sia possibile rinascere. Dove abbia senso coltivare e costruire. Dove crescere e lavorare. Questa terra acida io la rinnego. E’ un gioco d’equilibrismo molto delicato non finire col rinnegare me, un gioco che sono costretto a giocare se non voglio rimanere a inacidirmi e morire insieme a questa terra…
Il prossimo addio
La mattina ha forme vaghe, è popolata da brandelli di ricordi senza casa, da pensieri orfani, che vagano senza ordine. Di là c’è un amico vecchio come il mondo, vecchio come la metà degli anni che avevo allora. Vorrei recuperare l’immagine esatta di uno qualsiasi di quei giorni, infrangere la sensazione che sia persa, che io ne sia spogliato, sine die. Vorrei poter fermare la diaspora, senza invertirla, proprio cancellarla: radunare tutti qui e ora, come fossimo rimasti, rimasti almeno capaci di tornare. Vorrei poter affermare il controllo sul passato, godermi la sensazione di possederlo, di averlo a mia disposizione, di poter riordinare e contare i giorni e le immagini…
Mura di tela
Dopo gli eventi, pochi e veri, forti, rimane l’immagine a cristalizzarsi. La luce originaria si disperde, mentre noi rimaniamo a fissare l’immagine imperfetta, su teli che sbiadiscono a poco a poco. Il colore che rimane è un pallido simulacro, l’occhio ogni giorno deve compiere una magia più difficile per colmare le mancanze, per ricostruire l’emozione primeva, il fremito del momento, il tremito della voce. Rimaniamo così, intrappolati a fissare quei teli, solo che invece di collegarsi a ciò che eravamo nei momenti più vivi della nostra esistenza essi ci separano da scelte e giorni che richiederebbero di esserlo ancora, vivi e forti. Troppo spesso tessiamo mura di tela che poi…
Vorrei prenderti per mano
Sai, vorrei prenderti per mano e portarti via dai fiori inutili, stesi a seccare, dalle formule di rito, dagli abiti scuri. Prenderti con la forza delle braccia e portarti più in là, dove tutto questo non ha senso, un gioco vuoto e sordo. Vorrei andare, con te, dove si sovverte la gravità che fa cadere le cose, che le fa accadere, dove si può cancellare d’un gesto quel senso irreversibile che ci scorre contrario: ti porterei dove posso lottare con la corrente, e riuscire a tenerci uniti. Mi piacerebbe portarti dove tutto si trasformi in un suono secco e distante, che si può scacciare in un gesto per tornare liberi…
Pozzanghere
Sei diventata la madeleine di una stagione, il segnalibro sotto una pila di giornate, incombenze, scadenze, che cresce e cresce, marcando distanze. Poi piove e i bordi si fanno, te lo dico, più sottili, translucidi. Sei di nuovo lì a saltare a piedi uniti in una pozzanghera. Il volto, ti confesso, vacilla, rimane un sorriso a mezz’aria: ride per l’acqua che si solleverà e mi bagnerà. Sembri non stancarti mai di ripetere lo stesso gioco, nè l’acqua di sollevarsi ancora. Così sembri volermi dire che puoi essere la poesia abbandonata fra i libri di prosa, la virgola che spezza l’equilibrio di una frase elaborata. Ti guardo, i pensieri galleggiano sulla…
Maledizioni
E’ una maledizione l’incapacità di vedere la felicità. La scorgi solo lungo le fratture. Le crepe ne definiscono il contorno. La felicità senza fine né confini forse esiste ma gli uomini non se ne accorgerebbero. Forse l’hai già attraversata in un mese d’estate passato in bicicletta, in un pomeriggio dalla nonna, in un’infanzia intera; eppure non sapresti dipingerla, se non attraverso un gioco della memoria, a confrontarla con ciò che non è più. La felicità esiste solo nel ricordo. Dobbiamo perderla, per riconoscerla.
Cesure
Una frattura, c’è una distanza fra me e quei ricordi. A Chambéry mi pare di esserci stato solo l’ultima volta, durante la sosta in pullman. Luca lo ricordo sposarsi o dottorarsi, non ragazzino. Come se fosse iniziato il secondo tempo e mi fosse difficilmente, ora più di prima, ricollegarmi ai ricordi, alle esperienze, a quel vocabolario di Vita che avevo appreso. Un inizio nuovo. Come fossi preso a reimparare, sperimentare. Vivere, con passo più sicuro. Forse è per questo che mi riesce difficile scrivere. Sto reimparando tutto e ricordo molto meno. Non ho fantasmi con cui dialogare, a cui spiegare le cose, con cui confrontarmi e tenere a bada. E’…
Attese e ritorni
La voce registrata annuncia la prossima fermata: “Amerigo Vespucci”. É già lí, un’associazione che la mente riscopre rapida; come se fosse sempre stata a portata di mano ma appena nascosta alla vista. Via Vespucci, l’angolo con Via Cassini, le passeggiate attorno all’isolato, molto, molto tempo prima. Uno sguardo rapido alla mappa: la casa della mia infanzia, é in effetti a pochi isolati da lí. Basterebbe superare la ferrovia, e camminare per pochi minuti nell’aria immobile di Torino, avanzare nel mare d’afa, e, finalmente approdare dove i pensieri più antichi mi aspettano. Penso cosí, distrattamente, che é ora di tornare a casa; oggi. É già passato troppo tempo, e una parte…
Date
Per scrivere qualcosa, in attesa di tempo e ispirazione migliori Certi eventi li cominciamo a ricordare così, a partire da una data, come una diga, a dividere il primo dal dopo. Se questo modo di vedere le cose, di classificarle, va bene per molte delle cose che ci succedono, non si adatta a tutte. Per alcuni avvenimenti infatti capita che, mano a mano che ci allontaniamo dalla data cerchiata in rosso sul calendario, incominciamo a vederne gli effetti su ogni aspetto della nostra vita, anche di quella precedente al supposto inizio. Certi fatti si espandono, entrano nella fibra delle cose e quando lo fanno non ha più senso parlare di…
Pranzi
Pranzo di matrimonio, persone disperse attorno ai tavoli come chicchi di riso. “E tu perchè sei qui? Chi conosci?” La gente non vede l’ora di poter snocciolare il motivo che gli garantisca il buon diritto di essere qui. Un invitato, un ragazzo, non è a suo agio, la camicia già sudata, l’ultimo bottone della giacca chiuso. “Io sono un amico di famiglia, mio padre ha studiato con il padre della sposa. E tu, come conosci Anna? Anche tuo padre ha studiato col suo? Sono vecchi amici?” guarda poi il ragazzo alla sua destra, che finisce di masticare un grissino e tiene lo sguardo sul tavolo prima di rispondere “Mio padre…
In viaggio
Fra qualche ora sarò probabilmente seduto sul sedile di un TGV diretto a Parigi. Avrò con me uno zaino. Dentro, se non avrò dimenticato nulla, ci saranno dei panini, il libro del corso Assimil di francese, qualche noioso articolo su ecosystem IT, calze, mutande, altri oggetti di uso comune. Una bottiglia di San Simone, magari. Se continuerò a essere sfacciatamente fortunato come in queste ultime settimane potrò voltarmi a ogni parola che non so pronunciare e chiederLe aiuto. La guarderò sorridere. Mi piacciono i viaggi perché sono la metafora, il rimpicciolimento in una dimensione comprensibile di un’altra avventura, della forma definitiva e completa di avventura, quella che tutti intraprendiamo, o dovremmo…
Luce
Mi sono svegliato un giorno, sono sceso in strada e ho trovato l’aria fresca del primo mattino. Avevo dormito poco e la mia testa galleggiava, fra le vie, irraggiungibile a pensieri concreti, popolata solo di emozioni indefinibili, che pure avvertivo forti. Mi ha stupito l’impatto con quella luce che, data l’ora e il periodo dell’anno, avrebbe dovuto essere tenue, capace di popolare le strade di Torino di un chiarore dolce, e nulla più. C’era una nota invece che rendeva la luce persistente. Un modo di brillare degli oggetti che sfiorava, delle targhe con i nomi delle vie, delle pietre di Luserna che calpestavo. Una luce differente. Mi sono ritrovato a…
Sorprese
Sì, mi sono sorpreso. Di quelle sorprese buone, che, a pensarci dopo; un giorno dopo, una settimana dopo, ti sembrano giuste. Piene di un loro equilibrio. Mi stupiscono le accelerazioni improvvise della Vita. Forse una logica e un percorso ci sono, nell’accadere delle cose. È solo che la maggior parte di quei percorsi si svolgono sotto traccia. Gettiamo Semi e rimaniamo ad aspettare. A sperare, come fosse un lavoro. Non siamo in grado di decifrare i sospiri tenuissimi della terra, il percorso che quei Semi che abbiamo gettato devono fare, per tornare a noi trasformati. Così capita che ci siano dei semi piantati tempo addietro, coltivati con cura, con un amore sottile….
Spartiti norvegesi
Oggi ho finito Norwegian wood. Un bambino smontava le poltrone della sala d’aspetto mentre voltavo le ultime decine di pagine. Ho sentito mia la conclusione del libro, come un dito puntato a indicare una strada. Una strada coperta di polvere bianca, di cui non si vede la fine. Muovo i primi passi e già la polvere si alza, mi accarezza i vestiti, mi solletica il naso. Sorrido e spero non finisca. Mi piace camminare. Capita perfino di camminare fra i gobbi che festeggiano, e, mal di testa a parte, uscirne con l’umore intatto. Scrivo, mi rispondono. Penso alla felicità. A quanto siano stupide le paure. Ascolto la nota di fondo,…
Rimedi alla sobrietà
Quella in cui vivo è una casa per bene, da noi certe cose semplicemente non accadono. Se però qualcuno di voi si accorgesse di essere sobrio c’è un rimedio, preciso e infallibile. Si chiama embuscade, ed è stato creato a Caen. Il nome rivela l’infida natura di questa bevanda, per cui io vi avviso: preparatelo, riempitene grosse caraffe, distribuitelo. Ma siate pronti ad affrontarne le conseguenze perché, e lo scoprirete, l’embuscade est diabolique. Vi ritroverete circondati da questo genere di personaggi, di sguardi persi. Vi chiederete cosa stia succedendo. E sarà troppo tardi, l’Embuscade avrà già avuto luogo. In altre parole a quel momento realizzerete di essere fottuti ma non potrete farci…
Let the sunshine in
È come se la realtà mi avesse dato uno schiaffo, bonario. Uno schiaffo pieno d’affetto, per ricordarmi che i suoi limiti non corrispondono a quello che io sia in grado di immaginare, credere. Che a volte devi solo spalancare le finestre appena sveglio e lasciare entrare il sole. È strano non provare vertigini.
Nota
È strano come praterie di ore, che sarebbero potute suonare vuote, inserendo una sola variabile acquistino un altro valore. Come una nota piena le riempisse. Certe note non solo danno valore a intere giornate ma continuano a risuonare, a ricordare che la Vita è altro, o è questo ma vissuto in modo diverso, pieno. Ti viene voglia di cantare Spread your little wings and fly away. Lontano dalla stasi, da un luogo dove le cose non accadono, da pareti che si chiudono su momenti di silenzio, da sguardi che non si incrociano, fra storie che corrono parallele in eterno. Ti viene una voglia sottile di fuggire anche ciò che rende dolce…
Di Bar, compleanni, derby e altri avvenimenti
Sono successe diverse cose. Questa mattina mi sono alzato e uscendo dalla mia stanza ho visto questo: E mi sono chiesto, quand’è, esattamente, che la situazione mi è sfuggita di mano? La sera prima c’era stata una festa. Una festa per il mio compleanno, diciamo però che più che altro si trattava della festa per l’inaugurazione del bar. A un certo punto vedo ri-entrare dal ballatoio due persone che non conosco, chiedo delucidazioni al mio coinquilino. Non ha la più pallida idea di chi siano. Bene. A un certo punto ricordo di essermi avvicinato al bancone. Al bancone che c’è in casa mia (ottima idea, nevvero?). Dietro c’erano quattro…
Storie di viandanti
C’è un fatto che si ripete, di locanda in locanda, indipendentemente dal paese che ti trovi a percorrere. Quando la sera i piedi riescono a portarti sulla soglia di uno di questi ostelli che sorgono lungo la via e, spazzatoti dai vestiti il grosso della polvere, entri, capita più spesso che non altrimenti di scorgere uno o più viandanti. Dopo esserti schiarito la gola con una o due birre immancabilmente ci si ritrova a discutere di ciò che ci accomuna: la strada. Ognuno, con i modi del proprio carattere, descrive il percorso fatto, svuota il suo sacco di storie, non sapendo quando avrà ancora modo di parlare. Gli altri ascoltano,…