La Goliardia, mi ha insegnato alcune cose.
Parlo della Goliardia, quella vera, quella che i Goliardi, quelli veri, chiamerebbero Santa Madre. A volte il termine viene usato per indicare un certo modo di vivere leggero e scherzoso. Ecco, questo uso di quella parola lo trovo sbagliato, trovo crei confusione. I seguaci di Golia Abelardo, sono altra cosa. E no, non dipende solo dal cappello. Anche perché non si tratta di cappello ma di berretto e una ragione in questa differenza c’è.
La Goliardia mi ha insegnato a ficcarmi in situazioni assurde e trarmene fuori. Ora, a prima vista potrebbe sembrare un gioco a somma zero. Non è così, perché sapersi ficcare in situazioni assurde è la capacità di rompere gli schemi, di infrangere muri e creare rapporti non previsti, con un passante, con un collega, con un superiore, con un essere umano qualsiasi. È la capacità di stupire e di stupirsi, di cogliere vie dove gli altri vedono muri da aggirare. A farle da contraltare vi è l’abilità di svicolare, di trasformare le conseguenze, di riordinare le cose che devono succedere, continuare a pescare dal mazzo fino a trovare il Jolly. Questa capacità torna utile spesso.
La Goliardia mi ha insegnato che determinate strutture, regole e uno schema di tradizioni condiviso permettono a persone estremamente diverse di interagire. Io posso incontrare un settantacinquenne che si presenta a me come Cardinale al Vizio e ci posso parlare come un compagno di giochi e di esperienze. Allo stesso modo come posso discutere con un ragazzo o una ragazza molto più giovani di me. Quel mondo infrange divisioni basate su età, idee politiche, status sociale. Divide il mondo in modo diverso: fra goliardi e filistei.
La Goliardia mi ha insegnato che in determinati contesti si ridefinisce quello che è importante. Certe cose, apparentemente stupide, possono acquisire un valore che avresti ritenuto impensanbile. Mentre sei in quella logica, quando accetti quel mondo talune cose possono diventare possibili fonti di euforia o di terribile disperazione. Per contro altre cose, che avresti ritenuto drammatiche nella vita di tutti i giorni, sono ridotte all’insignificanza. Talune preoccupazioni si sciolgono come neve al sole.
I grandi Goliardi si sentono semplicemente immortali, nel senso che hanno più vita nelle vene degli altri. Sembrano muoversi con regole diverse. Avete presente Matrix? Ecco, è un affermare col sorriso che certe regole a te non si applicano. Se ne applicano altre. Per un Goliarda ad esempio l’umiliazione vera è il rimanere senza parole, essere incapace di difendere con le idee una scelta, un gesto, un’opinione.
Io credo che la Goliardia sia una tradizione che si sa rinnovare con i tempi. Sia un’esperienza che personalmente non adoro, non ritengo scevra da difetti e nella quale mi sono sempre trovato in bilico fra il gettarci il cuore a pescare il buono, e muoverne via il culo a scansare certi atteggiamenti e fastidi. Però è un’esperienza forte, molto difficile da spiegare. È una delle mie esperienze e sono contento di averla fatta. Come sono contento di vedere i colori che ho portato essere portati ora da altre persone, altri ragazzi. È il vostro turno: fatene una cosa buona.