Quando viaggi abbandoni la tua pelle a seccare da qualche parte, te ne sgusci via e gironzoli per il mondo, alla ricerca di chissà che, magari di una scusa, per essere diverso.
Epperò viaggiare per lavoro sa di prostituzione, di gente capace di misurare il valore del proprio tempo e darlo via, in cambio di denaro, e pacche sulle spalle. Che faccio signora, le do un paio dei miei giorni su questa terra? Ne sono venuti due e mezzo, che faccio, lascio?
È un mercanteggiare da poco, da pezzenti.
Mangi male, idolatri schermi che ti indicheranno a quale gate si trovi la prossima connessione. Finisci con il conoscere il percorso all’interno degli aeroporti, sviluppi queste abitudine da condannato che decora la cella. Lo trovo di una tristezza, di una pezzenteria senza fine. E mi spiace dirlo ma io sono signore nell’animo: vendermi è una violenza. Il fatto che mi cerchino in stati e continenti diversi dal mio una piccola droga, un vizietto a cui dovrei opporre menefreghismo.
E la cosa più triste è tornare ad una casa vuota. Ho lottato, esplorato il mondo, tenuto occhi e cuore aperti, ho coltivato la voglia di costruire. E alla fine di tutto una casa vuota e fredda e sorda. Fondamentalmente stolida.
Ma la Vita è così, fatta di cose che accadono, senza la necessità di ragioni e misure a sostenerle. Un errore di approssimazione, una leggerezza, un dado che cade storto e alla fine dice di no.
Chissà cosa avrei potuto essere nella mia esistenza, se non fossi qui a Francoforte un martedì sera a scrivere post per chissà chi. Forse qualcuno per qualcuno. Che suona molto meglio di essere qualcuno per il gusto di esserlo.