October 22, 2018

Un giorno

Un giorno ho preso una decisione. Quel giorno ho capito che ricordare era nobile, era generoso, ma era qualcosa che non mi potevo permettere. La parte profondamente romantica di me voleva dimenticarti lentissimamente. Lasciare andare a poco a poco la tua voce, l’impressione della tua pelle sotto le mie dita, il profumo dei tuoi vestiti, le tue piccole abitudini, il modo di riporre gli oggetti nei cassetti, le espressioni che eri solita fare. Dimenticare piano piano le fiammate iniziali, quello scontrarsi di mondi differenti che ci avevano uniti come una fusione nucleare: impossibile a spiegarsi o pianificare, eppure. E poi dimenticare i momenti difficili, il modo che abbiamo avuto di allontanarci. Dimenticare l’ultimo abbraccio. Il modo in cui subito dopo mi è mancato il respiro, ho iniziato un’apnea profonda. Mi sono risvegliato in un santuario. L’unico mio compito, l’unica mia occupazione era dimenticarti, ma in modo lentissimo. Mi sembra così ingiusto dimenticare. Mi sembra sia un arrendersi al fatto che ciò che sembrava immenso sia in fin dei conti mortale. Come noi. Che ci sentiamo infiniti e invece arraffiamo un numero ridotto di esperienze, correndo a perdifiato.

Mi è sempre piaciuto pensare che l’amore potesse sopravvivere anche a chi lo prova. Che raggiunta una certa intensità assumesse una vita propria, si ritrovasse capace di influenza cose e persone e risuonare, a ripetere per sempre la meraviglia di un incontro e raccontarla anche molto dopo. Io credo che l’incontro, reale, profondo, sia una meraviglia che non si può che celebrare, semplicemente per sempre, senza fare caso a mutamenti di spazio e tempo e avvenimenti e dinieghi ed estinzioni e rifiuti e cambiamenti d’animo.

Però la nobiltà d’animo è per chi se la può permettere. Ora io non posso più. Devo vivere. E vivere vuol dire dimenticare. Risvegliarsi nudi. Fare finta che nulla sia mai esistito, che nulla sia stato appreso, che la retina sia nuova, intonsa. È un gioco a sopravvivere, il genere di cosa che a me viene male. Ma di necessità…

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