Il tuo nome lo pronuncio solo la notte, quando non vi è il sole a spiarmi, quando non corro il rischio che un refolo di luce si introduca nella stanza, lo ascolti e lo porti via. Il tuo nome lo pronuncio solo fra pareti che conosco, che ho interrogato e nelle quali ripongo fiducia. In questo modo sono sicuro che non provino a ghermirlo, a farlo loro. Il tuo nome mi piace pronunciarlo a bassa voce, e lentamente. Mi piace assaporarne ogni lettera, il modo in cui si fondono in sillabe rotonde, il modo in cui le sillabe sfumano una dentro l’altra.
Il tuo nome lo lascio riposare durante il giorno. Nelle sere d’estate quando vesto camicie sbottonate, maniche arrotolate e alzo calici. Quando scherzo, mi alzo sulla sedia e improvviso discorsi. Quando abbraccio l’amico ritardatario, quando offro da bere, quando prendo quella ragazza che non conosce nessuno e l’ascolto, le chiedo, le racconto. Il tuo nome lo lascio riposare, che non si affatichi a passare di bocca in bocca. Che non si sgualcisca. Lo conservo fra le cose preziose, lo tiro fuori con cura e lo pronuncio con attenzione. In quel momento vi è solo il tuo nome che riempie le stanza, come se i miei pensieri diventassero suoni, e potessero viaggiare come onde sonore. Come se potessi dargli una forma esterna alla mia mente. In quel nome, leggo tutto di te.
A volte mi fermo a pensare come quelle stesse lettere possano essere usate per comporre parole diverse, parole senza sapore, che userei senza farci caso, che pronuncerei distrattamente, che darai di resto o come mancia. Parole da poco. È strano pensare come i nomi siano parole così profondamente diverse, come il tuo sia parte di una stirpe nobile e misteriosa.
I nomi bisogna avere cura di non ripeterli troppo. I nomi sono chiavi: inizi col dire un nome e poi ti scappa un accenno, un piccolo aneddoto, tutto precipita in un racconto. Ne parli e no, no, a quel modo finirai per perdere a poco a poco la memoria. La distriburai, la spezzetterai, ti troverai a raccontare quegli avvenimenti, quegli incontri, sempre meglio fino a che diventeranno storie che sei uso ripetere. Ti sorprenderai a chiederti un giorno quanto sia arte e dettaglio aggiunto col tempo, osservando le reazioni degli astanti. Allora ti accorgerai di aver perso tutto, che quel nome sarà tornato a essere una parola, una semplice parola in un racconto che non ti appartiene, che è di tutti, della strada e dei passanti. Qualcuno ti dirà di averla già sentita quella storia, ma raccontata meglio, con più verve, con più dovizia di particolari. Cosa ti resterà allora? Come distinguerai ciò che era, vero e prezioso, da ciò che è venuto dopo, solo a parole? Non essere sciocco, conserva, proteggi quel nome. È troppo prezioso per condividerlo con orecchi vani e sciocchi. Tienilo per te, fallo durare ancora una notte, ancora una stagione.