Ho visto questa foto. Non ho piu’ l’immaginazione per crearla quell’immagine: da solo non saprei piu’ riprodurla. Allora mi sono stupito nel vederla. Io, in piedi, a pochi centimetri da te. Avrei potuto voltarmi e guardarti, allungare la mano a sfiorarti, sorriderti e mi avresti sorriso, abbracciarti, parlarti, chiedere di spendere una giornata insieme.
L’immagine me lo dice che sono stato a un centimetro, forse meno, dalla felicita’. Guardavo in un’altra direzione. Il momento e’ svanito. Poi a poco a poco, si e’ dissolta in granelli dolorosi quella mia persona, quasi capace di essere felice, date le giuste condizioni.
Ora sono qui, ad un tempo infinito e uno spazio che, sebbene ridotto, sembra completamente travolto: sepolto, esploso e ricomposto in forme ridicole, paradossali. Uno scherno.
Io a volte credo di essere ancora vivo, da qualche parte. Forse lo sono, chissa’. Ma sono, sicuramente disconnesso da quei molti prima. Rimangono foto, lettere, ricordi a meta’. Persone con cui potrei parlare di te, e non lo faccio. Mi sento un archeologo di una vita che non mi appartiene piu’. Forse l’ho consumata a furia di viverla nella mia mente. Forse ero svuotato di pelle, cuora, ossa e carni, dal troppo avvertire la tua mancanza. Forse avrei dovuto concentrarmi sulla tua presenza, su come risuoni, come rimbombi in maniera che, a farci caso, non puoi che lasciarti assordare. Poi guardare ancora un attimo la foto e pensare che, una vita passata a sentire la tua mancanza forse non sarebbe una vita felice ma sembrerebbe una vita giusta.