E lo sguardo cade ampio, a raccogliere vallate, su, fino alle montagne e lo sfondo raggiungibile dall’occhio. E col respiro mi sembra d’appannare l’intero paese, compresa la chiesa vecchia giù da basso, e i muri di mattoni rossi, che contano i secoli a due a due.
E se tutto questo mi libera, mi ricorda dove finiscono i limiti e dove comincio io, beh, rimane questa sensazione di cecità che provo: a me manca il senso.
Ho i miei desideri, le mie soddisfazioni, le mie regole, il mio impegno. Manca sempre quello: il senso.
Il senso mentre viaggi su un aereo, l’ala comincia a muoversi a dimenticarsi la pista e la strada oltre la recinzione. Manca mentre parli al telefono, tenendo il volante con l’altra. Manca alla macchinetta del caffè. Manca quando pensi, e quando galleggi fra le ore e le sere.
E io credo che il senso sia tutto, e manca eppure non posso dire di non avere nulla. E allora mi confondo, nel senso di parcheggi ampi, che poi è passato tanto tempo e quel CD di Pearl Jam ce l’ho ancora, credo. Come se poi gli oggetti avessero memoria. O lo fossero.
E comunque mi alzo e cerco il senso, cammino e non c’inciampo. Torno a dormire e ancora niente. E finisce che m’inquina le giornate invece di liberarle, e se io non fossi io, e non avessi la certezza di saperlo a rimboccarmi l’anima, beh, allora darei di matto. Però anche così, lo cerco il senso, lo cerco. E ne sento forte e blu, la mancanza.
Senso
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