Un morso.
Ci sono minuti in cui il freddo se ne infischia del cappotto e dell’attenta sollecitudine con cui muovi i passi uno in fila all’altro. Se ne frega proprio: della sciarpa e di quanto ti sia vestito. Ti morde il cuore come fossi nudo. Freddo, freddo al cuore.
Come ne gelasse un pezzo. Un pezzo vitale. Ti aggrappi a quel che rimane, al nocciolo, e stringi forte. Lo trattieni. Non cedi. Non sai cedere. Col cuore gelato, col cuore martoriato rimani lì, un qualunque Rasputin di provincia che avvelenato, raggiunto da diversi colpi di pistola, percosso con bastoni viene gettato in acqua ed è ancora vivo.
Reagisci, oh se reagisci. Fai, esci, ti muovi, compri, incontri, appunti, programmi, scrivi, progetti. Troppo vivo per morire, troppo vivo per non sentire l’odore di morte. Sperimenta la Vita e imparerai a riconoscere la morte tutt’attorno. Negli interstizi delle giornate spese male, nella superficialità dei rapporti, nel comune dimenticarsi dell’importanza delle proprie priorità.
Eppure, a parte i morsi di freddo, ho voglia di essere cosciente, sai. Non rinnego quanto detto, quanto provato. Rinnego solo il rancore. Conservo il desiderio di costruire, di non abbandonarsi più ai moti violenti del cuore se non quando hanno una direzione, quando inseguono occhi e non quando li fuggono, quando progettano soluzioni e non quando inseguono tormenti.
Io, sono solo un Rasputin di provincia. Uno di quelli che forse alla fine ce la faranno a farlo fuori, Baby. Ma avrà richiesto un certo sforzo.