Mi è venuta questa ossessione per Maggio, non so perché.
Non ti ho mai perdonato il tuo temere Maggio, il suono stridulo della tua paura. Il tuo ridere di fronte a ogni problema facendoti scudo delle tue insicurezze. Non ti ho perdonato poi quel tuo rifuggire le distanze: non lo sai che la distanza è pensiero, è scelta? Non hai capito che non esistono scelte eterne ma solo un numero infinito di conferme? Domandamelo ancora, cara, anche oggi che il cielo è scuro. Avrai la risposta di oggi, non l’avanzo di ieri, cucinato in un giorno dal cielo terso.
Che cosa, poi, temevi in Maggio? Lo schiarirsi di possibilità? Gli agguati della stabilità?
Maggio, Maggio: ti ha ossessionato il cuore, te l’ha sbrindellato delle certezze che stonavano con quel tremore che da ritmo alle tue trasgressioni, a quell’equilibrio instabile in cui sai vivere, eterea e bellissima. Sei da amare ad Aprile, ogni giorno e in ogni luogo; stringerti i capelli forte e tirarti la testa all’indietro. Il suono del tuo dolore echeggia fino alla terza decade. Si spegne in quel muro di giorni, quello sbrindellarsi della primavera. Quando l’estate non è estate e il calendario fa la quarta piroetta tu ti sciogli. Rimane un eco del tuo senso ma non è più intelligibile. Sei andata, baby. Tu a Maggio non sai sopravvivere e provarti reale.