Certi addii sono lunghi perché ogni passo è una nostalgia da rimirare e da metter via, per sempre. Sarà perché anche il dolore è ordine nel Cuore e ci sottrae al dovere di rimescolare le carte, di aprire le finestre e vedere quale vento viene a tagliarci la faccia.
Certi addii, sono aspettare che tramonti ogni possible strada del ritorno, che i sentieri che si è cercati, che si è scovati piano piano si cancellino, torni a crescere l’erba come non li avessimo mai trovati, mai percorsi.
È, in qualche modo, rinnegare ogni sforzo fatto.
Eppure ogni addio è celebrare chi eravamo quando abbiamo cercato e trovato, piuttosto che il vecchio stanco, la pietra su cui poggia e il sospirare al ritmo di canzoni dimenticate.
È capire che ogni tempo ha il suo padrone. Che noi, a differenza dei cani, non siam fatti per morire accudendo una tomba.
Per questo il lungo compito è stato dimenticare ogni suo modo di
sorridere, ogni scusa che usava per fare un broncio. Sciogliere ogni ricciolo come un nodo che mi teneva ormeggiato a un porto che non c’è più.
È il capire che se non hai porti, ti conviene cogliere almeno i venti. Sentirli sollevarsi lenti e leggeri per seguirli, ascoltare le nuove storie che hanno da raccontarti.