Sono partito, ho camminato fino a quando i segnali lungo la strada sono spariti, fino a seminare le ultime case, lasciarmi dietro le voci. Tutte le voci, per me ormai chiacchiericci indistinti. Ho continuato, fino a che non fossi più raggiungibile, da richiami, realtà discernbili e ripensamenti. Poi ho continuato a camminare ancora, come si potessero seminare i passi invece che le azioni. Ho continuato, anche dopo aver capito che non sarebbero bastate mai le gambe a percorrere quella linea infinita e cieca.
Sono arrivato, poi, molto dopo aver smesso di credere che la strada avesse due lembi, sono arrivato all’Hotel Supramonte. Ho pensato che tutto avesse il tuo nome. Ho dormito poco, mi sono svegliato agitato e mi sono nutrito di pane senza sale. Era buonissimo. Sono rimasto quante notti? Quante stelle ho visto? Perché non le ricordo esattamente? L’immagine precisa e inappellabile, intendo.
Poi mi sono ritrovato di nuovo a camminare, senza sapere bene cosa fosse successo, incapace di capire esattamente la scintilla e il processo successivo. Qual’era la ragione? Era giusto? Era inevitabile? Come quei film, che li riguardi e hanno quel finale che non ti convince. Che non capisci.
Ho continuato a camminare anche se nulla aveva sapore, anche se poche cose emergevano fra ombre vaghe e indistinte. Mi sono trascinato, più per vizio che per convinzione, oltre sovrumani silenzi e un buio stinto d’ignavia. Ho continuato a camminare, confuso.
Ed ero già dentro un’altro viaggio, senza averlo ancora capito. Ho provato a ricomporre i principi, le evoluzioni e le giuste conclusioni, e poi ho smesso, gettato via quel gioco inutile per la mente. Sono ripartito e cammino, come posso e come riesco. Sorretto da una testardaggine infinita, stolida e coraggiosa a volte, da pezzi di memoria che ritrovo nei cassetti, da buoni “esci di prigione” che qualche amico mi ha ficcato in tasca, per quando ne avessi avuto bisogno.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Samuel Beckett, a forma di arpa. E’ bellissimo.
Penso ancora, mentre lo attraversa a tutta la polvere accumulata durante i miei viaggi, a quanto calore ci fosse anche quando non ero nella condizione di notarlo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.
Sono andato, tornato, ripartito.
Si incontrano cose e Vite, e persone e opportunità e si accumulano molte storie da raccontare. E così un giorno racconterò anche questo pezzo di Vita, o quanto ne ricorderò, o quanto mi parrà giusto di dover dire. Chissà, chissà fra quante tappe e Vite ne parlerò.