L’estate provava a farsi largo fra una primavera confusa, allo sbando, un inverno che tornava a cercare le chiavi e un autunno che credeva fosse già il suo turno. La ricacciavano indietro e quella, ostinata, sporgeva di nuovo la testa. Fu una storiaccia lunga, di corsi e ricorsi, di incursioni e ritirate.
Non so quale fu l’evento risolutivo, se quegli altri si scocciarono o cos’altro. So solo che all’improvviso fu estate, per davvero. L’equazione risolta, i finestrini abbassati, le strade di Biella a decorare i prati, i giardini delle villette, le fabbrichette illuminate da un sole mica tanto timido, poco piemontese.
L’estate sembrava aver trovato il suo modo di essere, senza la briga di darsi un senso o uno scopo. Semplicemente essere, di caldo e ventilatori, di mangiar fuori, di voglia di vacanze.
Io, di mio, ero rimasto ancora frastornato, indeciso fra il cappotto e la polo, ad armeggiare come un dannato sulla manopola del climatizzatore: un momento ero lì a pregare il riscaldamento di darci dentro, un altro stavo già armeggiando col condizionatore, a chiedergli un grado di meno, due se riusciva. Mi sembrava di aver perso di vista la strada, la cartina, il navigatore (da aggiornare, che l’uscita per Santhià si è spostata), i prati, il senso generale delle cose.
Facevo, e non sapevo perché. Andavo e c’era un venticello leggero, piacevole, ma non sapevo da che parte venisse, che storie raccontasse.
Fu a Biella che mi ricordai di almeno uno degli elementi. Un indizio sottile, fai due. Fra le torri di Biella, fra quelle da cui avevo deciso di buttarmi, senza poi farlo davvero. Forse non sempre il senso e lo scopo della vita si scoprono nei suoi momenti più avvincenti e drammatici [1].
L’estate si scompose d’improvviso, come le avessero levato la chiave di volta. Cadde giù in frantumi. Io rimasi lì sotto, travolto, distratto dalle mie domande. L’estate s’era squagliata, e io? Sarei emerso con una risposta? Sarei rimasto infilzato da mille domande? Avrei decifrato i codici che esprimono il senso della Vita? O avrei imparato, almeno, a riconoscerne il sapore, a cercarlo fra le pieghe delle mie giornate?
[1] Jonathan Zap.