Sai, quel che mi stupisce di te sono i tuoi occhi scuri.
Per scuri, intendo scuri davvero. Sono così scuri da assorbire la luce del giorno. È lì che finisce il tempo, lì i giorni, gli angoli delle strade a cui dovremmo incontrarci, le scuse che provo a creare per parlarti, le penne che cerco per appuntarti messaggi. I tuoi occhi assorbono tutto e io ci butto dentro respiri, sogni, pensieri, risparmi per i braccialetti che voglio comprarti e che tu perdi, anch’essi nei tuoi occhi. Tutto, quei tuoi occhi così neri, disumanamente neri, si mangiano tutto.
Rimango seduto sul bordo della strada; ti porti via anche quella.
Mi alzo e smetto di pensarti. Ti sei mangiata anche quella voglia, anche quella di farmi male.
Apro il San Simone. Chiamo Claudio, cammino. Erwin si acquatta a terra. Penso. E ritrovo tempo e voglia e sogni. Ho avuto l’energia di colorarne chilometri di sogni, dentro e fuori i bordi. Ci sono persone che parlano, le ascolto. Non sono sempre d’accordo. Sì, ho paura.
E cammino.
Un Viandante in fondo, tendenzialmente cammina. Bene o male, con le vesciche o senza, barcollando o meno.