Percorrevo la mia strada, ed ero abbastanza stanco e disorientato, da arrivare a ritenerla un percorso tortuoso e imprevedibile, sempre nuovo per sua natura.
Lungo la strada, sono però incappato in luoghi che avevo già conosciuto. Luoghi dov’ero stato felice o giovane o entrambe le cose.
Fra le altre cose mi si è parato di fronte, così, a tradimento, uno scorcio di parco in cui pensavo di sapere come accarezzarti, una panchina dove ti avevo osservata a lungo, nel tentativo vano di decifrare un tuo movimento, infilarmi fra un tuo raccoglierti i capelli in una coda ordinata e il tuo frugare nella borsetta. Pensavo che col tempo avrei capito, imparato a sfruttare gli spazi e mi sarei fatto largo in quella tua vita che mi affascinava, perché non ne facevo parte. Fatico a ricordare il tuo nome, la forma degli eventi, a distinguere con precisione il profilo delle sensazioni. È tutto scolorito, come se i vent’anni potessero scontornarsi, sfumarsi in qualcosa di vago e indistinto. Come se emozioni in grado di prenderti alla gola potessero col tempo essere non solo domate, ma piano piano rese mansuete e si potesse alla fine, semplicemente, dimenticarle.
E se io e te di allora siamo stati compartecipi di quegli eventi, la colpa è ricaduta su entrambi noi, spopolandoci i ricordi e spolpandoci di qualcosa che pensavo nostro. Non è rimasto nulla alla fine: qualche immagine sgranata, qualche vezzosa malinconia. Del resto, di quelle sensazioni che ci costituivano conserviamo reliquie sotto forma di biglietti del treno o del cinema. La verità però è che non siamo più in grado di decifrarle, di usarle in alcun rituale che risvegli memoria ed emozioni, che ci consenta di riappropriarci di ciò che pensavo nostro. In definitiva di noi e di quello che davamo per acquisito, del nostro bagaglio di vissuto, che invece ci è sfuggito ed è disperso, oramai.
Allora mi imbatto in uno e cento luoghi che ho vissuto, ne sono quasi certo, e che pensavo di aver fatto miei. Capisco solo ora di essermene esiliato col tempo, di aver preso a vivere in altri luoghi, di essermi lasciato alle spalle ciò che pensavo di aver portato con me e che non fosse più possibile sottrarmi: protetto da dettagli come lo scorrere del tempo.
Mi rendo conto che non esiste nulla, nulla che sia acquisito. Che ogni giorno che vivo è in sottile equilibrio fra ciò che raggiungo e ciò a cui rinuncio. Che la memoria dei primi amori è svaporata, e quella dei secondi la sta seguendo. La vedi l’immagine? Comincia già a sgranarsi. E tutto questo in cambio di un futuro incerto, che non so quale emozioni saprà darmi. E temo, temo che saranno meno forti perché è cambiato il mio modo di viverle e una certa capacità d’incanto l’ho rotta, non ricordo neanche bene come, ma, sono certo, sia avvenuto in uno di quei luoghi che riconosco, attraversandoli, non del tutto ma a malapena, con un riflesso dell’animo che non so decifrare.
Continuo, allora. Incapace di proteggere quello che è stato, mi concentro sull’afferrare quello che sarà, senza la presunzione di poter effettuare confronti che coinvolgano il passato. Neanche te, che non ricordo più, ma che avverto, come un presagio malinconico e stupido, che non incontrerò più, in nessuna forma, io che ho perso, forse, anche la capacità di amarti come quando ti ho incontrata, un milione di luoghi e giorni fa.
Ricordo solo che eri bellissima.