Si, ma a volte per capire, per scriverne, serve un’immersione in quel dolore, ancora, ancora. Buttarsi per intero, sotto.
E’ orribile, cazzo. Ricordi. E’ strano come i frammenti di ricordi ti taglino comunque li prenda. Li hai mescolati, dimenticati, gettati. Rimane un paiolo di pezzi di vetro, per colazione.
Ognuno di quei cattivi pensieri e legato a tutti gli altri cattivi pensieri. Un insieme che ha avuto bisogno della complicità di eventi molteplici, ripetuti e determinati, e attori e comparse in quantità perché emergesse uguale a come è stato. E non lo si può negare.
A certi cattivi quadri, a certi 2010, non bisognerebbe mai dargli un’occhiata, perché hanno la mappa dei veleni che ti sono attorno e, per vivere, devi far finta di non sapere.
Ma il punto, è che a volte bisogna fare qualcosa di più della cosa giusta per sopravvivere. A volte bisogna rivivere. E scrivere.