Oggi mi sono imbattuto in un diario di qualche anno fa. Il diario del
primo anno di università (o meglio dire di "poli", per chi non lo
sapeva sono un allievo ingegnere). Non c’era neanche una cosa che
c’entrasse con lo studio, solo qualche scritto della "skrakkina" (una
delle poche ragazze che abbia frequentato il gruppo negli anni
scatenati), qualche citazione tipicamente post-adolescenziale di
canzoni, alcune mezze poesie, qualche frase più o meno insensata. Vi
parlo di un diario da sedici mesi e circa venti pagine non
completamente bianche (forse capirete perchè il primo anno non ho
combinato molto). Grazie ad un mezzo appunto sono in grado di ricordare
qualche episodio passato da tanto tempo che altrimenti avrei del tutto
dimenticato, in qualche modo perduto; così alcune giornate magari
neanche particolarmente "speciali" si sono salvate, a caso, mentre
altre che magari erano più "importanti" non hanno lasciato alcun segno.
Bah!
Trovo sempre divertente ripensare ai problemi del
passato, a quando era finito un amore e il mondo sembrava crollarmi
addosso. Anche allora ero abbastanza "disilluso" (ma solo per certi
versi) per capire che qualche tempo dopo la cosa mi avrebbe fatto solo
sorridere, e in effetti è stato così. E già che ci sono mi riascolto un
pò "Hell is home", e ripenso a quelle volte, magari da solo, magari con
gli amici più stretti che l’ascoltavo appoggiato alla macchina in
qualche luogo un pò sperduto, magari con una birra ed una sigaretta,
sentendosi un pò estranei al resto del mondo ma felice che così fosse.
You’re looking at me why
Sort of like a leper vibe
Okay for your kind
But it’s too good for me
And a hey I know I’m
Never gonna qualify
For all the bullshit
Of your social degrees
Essere per qualche ragione felici di essere guardati con sospetto dalla
gente mentre ti godi la pioggia e il freddo con il cappuccio
perennemente calato sulla testa e ti aggiri, birra in mano, per qualche
parco (la post adolescenza è un periodo particolare).
Oh look down your noses at me
Hating my identity
Oh but that don’t mean a damn thing you see
‘Cause down here in Hell everybody loves me
Hey I know I’m anti-social
‘Cause you act like I’m infected
With some atrocity
E la balzana idea di dover resistere a chissà quale tentativo di
omologazione che sicuramente sarebbe giunto nel futuro (ma sotto forme
che allora non comprendevo appieno)
Oh you keep your face turned away
To strip me of identity
Oh still got my fortune and fame
‘Cause down here in Hell everyone knows my name
Ma alla fine io in quei panni mi ci sentivo proprio bene. E potevo
sempre contare su qualche amico che mi seguisse/trascinasse in chissà
quale sciocchezza o in una semplice, irrinunciabile bevuta. E poi
quando sai di sbagliare ma sei felice di farlo lo stesso… vabbè
questo è un altro discorso.
E scusatemi se ho ceduto alla moda di riportare il testo di una canzone (ma d’altra parte l’avevo già fatto).
non sai quanto ti capisco…e quante volte in questo periodo vorrei tornare hai tempi delle sbronze nel boschetto di borgaro con tati o le sigarette a scuola con santuccio quando le cose non erano più facili solo eri troppo immaturo perchè contassero, quando l’amore era solo un passatempo e se ti legavi troppo a qualcuno in qualche modo eri blasfema quando bastava una panchina per divertirsi ed essre felici….