E’ strana questa fragilità fatta di cieli troppo grandi e leggeri,
di giornate che t’accompagnano piano alla sera,
di ruote che scorrono verso Pinerolo o verso Caluso.
E’ una fragilità che non sa infrangersi,
cocciuta sopravvive mentre siedo in un agriturismo alle prese con un fritto misto alla piemontese.
Sono fragilità di sguardi sul divano a casa di Daniele,
di film che iniziano e finiscono.
E che vedi ancora una volta.
Film che non sanno dirsi basta, tagliarsi.
E’ la fragilità di una fetta di torta Zurigo che non assaggio,
di una grappa tirolese che io invece prendo una Sambuca.
E’ la fragilità di treni che non sono di sola andata, ma anche di ritorno.
E’ il tornare in città in cui, benchè non le ricordassi, eri già stato:
anni prima, migliaia di parole fa, di sogni che han cambiato vestito.
E’ una fragilità insanabile e non puoi fare che amarla.
E’ tornare qui alla mia terra e lasciarmi cullare mentre tutto passa.
Mentre passo anch’io, i tre bicchieri pieni di fronte a me.
Mentre passa ciò che ero e rinasce in ciò che sono.
Mentre mi cadono le dita, a pensare una carezza che stasera non c’è.
Perchè è un mondo fragile, di sogni di cristallo che si spezzano,
a volte basta un brusco cambio di temperatura, a volte un battito d’ali, altre
un sospiro un po’ più forte. Ma è una fragilità finta, di sogni che si possono creare ancora,
se, si intende, si ha di che dipingerli. O un bicchiere troppo pieno.
Fragilità
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