Per quanto potrete trovarlo allucinante più di una persona pare abbia trovato decente l’intervento chiamato "Dentro" che trovate poco sotto. Probabilmente si limitano ad assecondarmi mossi da pietismo, cosa che risulta assai pericolosa perchè nel mio montarmi la testa proseguo quel mio delirio
Mi ritrovai in questo spazio angusto, avvolto da un tepore soffocante. Le prime volte che fugacemente lo visitai gridai, mi dimenai, provai s squarciare queste pareti di fomma, a gridare a chi stava là fuori chiedendo aiuto. Piansi perfino. Poi con il meticoloso lavoro del tempo mi convinsi di quanto poco ci fosse là fuori per me. E dovetti rendermi conto che all’interno di questo luogo il pianto o qualsiasi mezzo servisse a comunicare emozioni erano semplicemente inutili. Ero qui ed ogni lacrima avessi pianto avrei dovuto asciugarla io stesso. Ci volle molto tempo per limare l’invidia verso chi era là fuori e più ancora per riconoscere quanto io stesso avessi contribuito ad erigere quelle pareti on il mio eccessivo pretendere dalle persone. Conscio del fatto che il rifiuto di cambiare avrebbe potuto significare non abbandonare più quella stanza ovattata ma irrimediabilmente fermo nella mia posizione, nel non recedere dal mio aspirare al molto, nella mia incapacità di di vivere nei compromessi di là fuori. In questa stanza perennemente tiepida non albergava saggezza alcuna.
Ciò che più stupirebbe chiunque non abbia vissuto con abbandono un luogo simile è la bellezza che segue l’orrore iniziale. Quaggiù dove le aspettative s’attutiscono e da sordi echi si fanno intensi silenzi il concetto di domani, d’attesa sfuma fino a perdere i contorni e come liberato svuotarsi in una grande risata che può sprigionarsi in questo vuoto. Il timore non ha senso qui. Come ogni altra cosa, come indica la verità trasudata da queste pareti di gomma frutto dalla cieca e distaccata obbiettività dell’estraneità.