Quando fa leggermente più freddo, il sole appena un po’ meno sicuro. Il pomeriggio è lì, restio a farsi sera, si gode ancora il proprio momento. E’ il genere di istante in cui le papille si fanno più sensibili all’amaro, retrogusti impercettibili sfiorano piano. E’ la natura umana immagino. Sai non lo so spiegare cos’è, forse lo strascico di vecchi dolori. Che rimangono lì ad insegnare, che rimangono lì ad invecchiare, farsi eco che ti gridano dietro l’abbandono cui li hai destinati. E sei lì, fra montagne che spariscono dentro a tunnel, che riaffiorano, vecchi CD dei Litfiba.
Sei lì.
Che lo sai dove vuoi essere.
Ci sono momenti in cui fa paura la propria ombra. Sono momenti adattissimi per sentirsi inadeguati. Magari quello che si vuole è troppo ancorato per tremare, quello rimane stabile. E allora è più facile siamo noi a tremare. Il cor mi si spaura, delle mie debolezze, i tagli brillano di più con questa luce e mi ricordano il mio essere stato un idiota in un milione di occasioni. Sai, momenti singoli illuminati, non il percorso che li ha uniti, non il contesto. L’espressione che avevo verso me stesso, estrapolata e sputatami in faccia… Però sai cos’è… qui ci sono arrivato, pur essendo stato mille volte un idiota. Magari ho pensato di non farcela, di mollare ma… sono arrivato a questo parcheggio, a questa bottiglia di San Simone, a chi sono oggi. Spaventato a volte, certo. Ma è solo perchè ho qualcosa di cui spaventarmi, qualcosa da perdere.
Io di solito mi perdevo e basta.
O mi perdevo le cose.
O mi perdevo il contenuto dello stomaco sul pavimento; guardalì lì i miei acquisti accurati al reparto alcolici.
Massi, è anche questo il senso di equilibri dinamici.