Era un po’ che non mi ritrovavo qui, in una di queste bolle.
Sono poche ore, mezze giornate.
Non è qualcosa che possa definire o capire del tutto. Di solito un paio di giorni prima comincio ad avvertire una sorta di inquietudine, elettricità di fondo. E poi avverto il bisogno di una pausa, di staccare. Smettere di fare quello che stavi facendo (o non facendo) e isolarmi.
A quel punto mi sembra che una parte di me, quella più razionale, quella che hai costruito negli anni, tenti di tacere e tendere l’orecchio ad ascoltare un aspetto più primitivo, meno gestibile, meno capace di esprimersi. Questa parte istintitiva comunica con brevi dolori acuti alla bocca dello stomaco, al petto. E sono difficili da interpretare, almeno per me.
E poi piano piano svapora questa bolla, e quel contatto si perde.
Torno a quel resto di vita che avevo accantonato. Più malinconico per qualche giorno.
Trovo questi momenti come delle ricariche necessarie. Che poi a volte, a non voler chiudere gli occhi, la conosci anche la causa scatenante di tutto questo.
E’ quello che sai che ti uccide
o è quello che non sai?
Non mentire alle mani,
al cuore, ai reni…
(Ci sono molti modi, Afterhours)