Ho sonno e non so scrivere. Ma non cerco scuse, solo tasti da pigiare: son certo sian qui a breve distanza e questo s’accorda alla mia pigrizia. Vorrei un libro da leggere. Ma sai, più che un libro, una storia che abbia voglia di raccontarsi. Ascolterei. Ripenso agli alberi. Partecipi nella loro quasi immobilità, un frusciare appena, lieve, un mantenersi vivi e brulicanti. E li diresti immobili al primo sguardo, ci credi? Guarda bene. Il fango sul torace, il fango sulla guancia. Le persone, come carezze ricevute queste persone qua, le persone nel fango, giocano. Corrono. Le persone sdraiate. Le persone che mangiano, che girano una sigaretta. Che rovesciano l’acqua sulle ferite. Le parole. Il chiedere, riservato. Rimane quel pensiero, dietro gli occhi, a quella distanza breve cui sa che l’attenzione cosciente non andrà a recuperarlo, quel pensiero che la Vita m’abbia fatto l’occhiolino. Si.
Insomma, per dire, ragazzi che culo.
Ho letto il commento più recente e questo e sento anch’io le stesse cose. Ci sono ben poche persone con cui potrei con leggerezza scambiarmi manate di fango. Per un momento mi sono sentito libero e infantile. Grazie a voi. E sai, esistono chiavi che aprono cuori e menti, anche se talvolta devi entrare nel grembo umido del Monte Cuneo. Ma poi le trovi. E hanno sorrisi e piedi sporchi.
:)
Un sacco di cose diresti immobili, e di persone. E’ come giocare all’orologio di Milano. Sembrano inarrivabili, e rigidi, ma basta chiudere gli occhi, e già ti stanno sussurrando piano all’orecchio.