C’è questo tale che s’è perso le ossa in giro, s’è come sparpagliato l’anima qua e là, credo che da uno dei treni che ha preso quella non sia scesa, se ne sia rimasta pigra sul sedile. Lui lo vedi che cammina, tentando di insinuarsi nelle ferite dei luoghi, ci si infila per un’ora o poco più di vagare puro e semplice. Lontano da quei luoghi che ha per primi coltivato di ricordi, dove ha piantato un primo bacio, un davanzale freddo a reggere una finestra grande. Lontano da panchine di attese. Che la prima ora quella interroga, che quella se ne frega e non c’è scusa che tenga. E così pare questo tizio si tenesse le sue ore lì nel freddo del parco. A me sembra che sgusci, scivoli via da sorrisi. A volte è sorprendente quanto sia profondo un cappuccio. La bici è bianca e sono sicuro possa correre veloce. Come se poi le canzoni fossero spazi, o percorsi. Cerca di perdersi in tante cose, rendere luoghi anche le idee, i tempi, specialmente quelli morti. L’uomo sparpagliato è un po’ così, non è mai solo qui. Tranne che in brevi attimi e sembra esplodere come l’energia tutta insieme fosse troppa e alla fine poi è proprio così; esplode e torna a sparpagliarsi. Tu stavi prendendo una lucky strike dal paccetto e bum, non c’è più. Chissà chi è quello sconosciuto che si allontana, il cappuccio della felpa tirato su.
Binari
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