Ci voleva un certo coraggio a fermarsi in quel parcheggio ed accendersi una sigaretta. Significava accettare di spendere alcuni minuti fra sè ed i propri demoni, là in quel buio tranquillo d’un paese serenamente adagiato in una prospera esistenza. Dovevi essere pronto ad affrontare i pensieri che il giorno e i vari eventi t’avevano con solerzia sparecchiato da sotto al naso. Ora con la servitù a dormire dovervi fartele da te certe faccende. E non era facile ripensare a quel brillante maledetto verde che t’aggrediva tutto intorno a te, ferendoti gli occhi mentre veloce scivolavi alla scrivania, ai tuoi doveri, macinando con fredda determinazione tutti quei chilometri. La giornata era trascorsa e lì, sotto un lampione vivace, in un parcheggio di provincia dalle aiuole ben curate avvertivi netta e feroce la sensazione che di quel giorno, speso bene o male, ci fosse qualcuno a tenere il conto, che sprecarlo fosse un peccato dal quale non c’era mondazione. Ed i Led Zeppelin durante la traversata avevano un bel dire nel loro cercare di strapparti alla concretezza tangibilmente ineluttabile nella quale stavi già sprofondando. Facevano il loro mestiere nel rifilarti la quotidiana dose d’oppio sotto forma 40×4 Watt con tanto di subwoofer. Sceglievi a quel punto di salvare solo una parte di te, di gettarla dal finestrino a godersi la giornata in quel verde così violento da ferirti. Lasciare quella parte che più forte si lamentava per avere la libertà di ritornare a quel salutare torpore che è il modo migliore di vivere, semplicemente incapace di affrontare la brillantezza di colori troppo determinati nel chiamarti. Rendersi incapaci di viverli era il modo più semplice ed indolore per non avvertire più il dolore del loro richiamo. Il limbo del torpore, chi può dire di non viverci?
La violenza dei colori
Comments
ciao, non so neppure come sono arrivata qui…di blog in blog, forse, ne ho perso traccia, ma sono contenta di essere arrivata qui e di aver letto i tuoi pensieri…
un saluto…