January 26, 2006

Ghiaccio

Una volta ho letto di un corcorso:
bisogna scrivere un racconto avente come tema il ghiaccio. Ovviamente
non partecipai ma mi venne in mente un’idea. Questo è l’inizio, un poco
autobiografico, parla di un tempo un pò superato. Almeno spero!
Comunque è solo l’inizio e il ghiaccio entrerà in gioco poi. Intanto
sorbitevi questo.

Stancamente mi alzai dalla sedia. Con due passi, lenti e
misurati, mi portai di fronte alla finestra. Un vetro incredibilmente
sporco separava il mio mondo, fatto di briciole cadute su una tastiera
e lunghe ore consumate davanti a un monitor, da ciò che mio non era,
estraneo; le vie percorse dalle persone e dalle auto, tutte così
piccole viste dalle cime di un sesto piano. Il mio picco di cemento
infinitamente distante dalle luci della pianura. Sentirsi come un dio
che osserva piccoli esseri persi in gesti quotidiani, banali. Un dio
che si strugge nell’osservare, non tentato dal toccare. Un dio non ha
simili.

Un’idea sciocca, strana, balena per la mia mente. Sottrarmi a quel
mondo caldo, ovattato e privo di emozioni, sottrarmi a quel mio mondo,
e precipitare nelle vie. Osservare la gente mescolandomi a loro,
stancare le mie gambe, portarmi sotto le guglie di Santa Rita o perdere
il mio tempo fra gli scaffali di un discount. Provare freddo. Un’idea
che strappa un sorriso, mentre torno alla mia sedia. E’ questo il mio
posto, per me là fuori non c’è niente. Un osservatore attento potrebbe
notare che non c’è niente neanche qui dentro ma io non lo sono. La
mente assopita osserva gli occhi scorrere sui testi che il web mi
propone.

Le palpebre si fanno pesanti, come sempre. La cena è stata consumata, i
doveri minimi alla mia sopravvivenza assolti. E’ tempo di consumare il
mio sonno.

Il giorno seguente nevica quando mi sveglio. I soliti gesti guidano il passaggio graduale
verso la presa di coscienza: non sono più nel mio letto. Vestirmi. Lo
gridano le mie gambe gelate. Caffè, credo, per svegliarsi, dicono. E
poi in trincea. Dopo qualche ora mi volto verso la finestra. Nevica. Il
pranzo si consuma quando capita. Oggi un paio d’ore dopo il tempo
canonico, quando la gente ha già sostituito da un pezzo il buongiorno
con la buonasera. E nevica ancora ma non sono questi i fatti
significativi della mia esistenza. Non coltivo patate. Patate nel
villaggio globale? Figuriamoci! Dieci intere puntate di Friends. Una di
queste non l’avevo ancora mai vista, persasi fra i dannati palinsesti
della Rai. Che giornata proficua! Vorrei quasi provare entusiasmo ma è
solo un ricordo. E così dannatamente fuori luogo!

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