January 14, 2009

Un giardino chiamato mondo (che titolo orribile)

Ho dormito poco. Da giorni, quanti? Non lo so, non conto. La matematica non fa la differenza.

Ho parlato. Ho parlato tanto.
Ho ascoltato. Ho ascoltato, le parole, gli occhi, le mani e quello che ho sentito mi è entrato in risonanza coi miei pensieri. Fusi assieme. Come ad elevarsi infinitamente a vicenda. Come avere un pezzo di carta stracciato con su scritto una parte di un messaggio più grande. A fatica, una fatica quotidiana ne hai capito un pezzetto e poi d’improvviso la parte mancante fa esplodere il significato, conferma le frasi carpite al tuo frammento e completa quello che mancava. Dopo sembra impossibile che si sia stati così ciechi.

E leggi tante cose. Sembra una lingua diversa, una lingua non tua, parla di storie più vecchie degli alberi o delle pietre. Storie che sentivo ad un livello così basso che fossero nelle vene, nelle radici della terra stessa.

E poi la guardi ed è la Vita. E non è un’immagine astratta, un’idea come ti piaceva immaginarla; innocua. E’ vera, è fatta di treni, di atti non di pensieri. Esige, si schianta forte su di te. Alcune volte semplicemente non puoi dirgli di no, perché hai capito una parte delle sue ragioni ed il resto.. sai che comunque alla fine ha ragione lei. Che è una che paga, anche se lei pure non vuole poco da te.

E hai la Vita di fronte e pensi "ecco fatto", eccola qua, era poi così difficile?

E lei se la sta ridendo mentre tu sei lì tronfio.

Se la sta ridendo e poi ti presenta il conto. Tu ti fermi a guardarlo e ti impanichi. A pagare ed a morire si fa sempre a tempo pensi. Stai cercando una scusa per convincerla ad abbassare il prezzo.

Quando alzi lo sguardo lei non c’è. Eppure era lì.

Sai come ti frega? Vuole convincerti che è sempre stata un’ombra, una nebbiolina bianca. Di quelle che non ti tirano un cazzotto, di quelle che in fondo a guardarci bene poi puoi anche ignorarle.

Hai presente quando lo sai che una storia finisce. Che ci hai pensato per mesi e ti senti un vigliacco. Perché diresti che no, magari non è così, perché lei soffrirà come un cane, la lei cui sei così affezionato, la lei che ti senti in colpa di non amare più, che la colpa è tua e tu dovresti soffrire, la lei che hai pensato che starò male io piuttosto che dirglielo. Poi glielo dici. Un attimo dopo ti devi mordere la lingua per non gridarle amore eterno, per non abbracciarla e dirle che andrà tutto bene. Di non avere paura, che tutto passerà. Un attimo solo e ti sei scordato tutta quella strada che ti ha portato lì. Un attimo solo ed i pensieri di prima, quel lento capire i tanti passi, ognuno doloroso, che ti hanno fatto giungere a quel passo, e che hai pagato per capire fossero giusti. Tutto cancellato. La paura, la colpa. E’ qualcosa che sorprende.

E così è con la Vita. Eri certo, finalmente avevi capito e poi… puff.

E allora che fai? Sorridi, chiudi gli occhi e l’afferri dove era prima che scomparisse. E’ ancora lì, è solo che non ti andava di vederla. Il dolore ha reso grigie e spente le tue pupille. E ti fai tornare alla mente quell’odore che aveva e riesci a seguirla mentre cerca di divincolarsi. La Vita c’era e c’è. E ci sarà. Quando vorrai vederla e quando non vorrai.

La Vita alcune cose te le dice, forte e chiaro. Altre volte ti da una spinta ma poi scappa. E’ un gioco ad acchiapparsi. Solo un po’ violento. La Vita non è che sa scherzare. Lei ti guarda un po’ troppo fissa e quasi ti senti sciogliere. Quando ti lanci maldestro, lei si scansa, tu cadi e ti fai male.

Altri bambini ti guardano dalla finestra e ridono delle tue gambe sbucciate; guardano le loro bianche e gracili di chi non mette mai un piede là fuori, dove le vecchie radici rischiano di farti inciampare. Rimangono lì fra semolino caldo e teste di pesce in abbondanza. Si ingrassano come porci. Tu intanto sei fuori che ti arrampichi su un albero per prendere una pesca. Probabilmente avrà un verme ma è un segno che non è poi così male. Ogni tanto cadi. Un amico mio si è rotto un braccio, ma poi è guarito. Gli ho scritto sul gesso che era "sciemo". Lui mi ha detto che no, lui era "scemo". Io gli ho detto che aveva ragione lui. Le pesche quel mese ho dovuto portargliele io, ma mi faceva piacere.

A me fa piacere. Lui mi dice che non devo fare tanta fatica. Ma sai com’è bello quando lui le vede, le rimira, e cerca di prendersi le più brutte per lasciarmi le più belle. Io gli dico sempre a questo amico mio che lui deve fare le due metà e poi io scelgo. E allora suda un po’ perché non sa come fare, alla fine ci mangiamo ognuno un po’ di pesche buone ed un po’ di cattive, crediamo che ci siamo fregati un po’ a vicenda ma mica è vero.

Non è che è così semplice però, ricordarti che la Vita c’era. E’ che lo devi pensare semplice perché se no non funziona. Un po’ vorresti dimenticarla la Vita. Come quando la mamma la domenica fa la torta ma ti fa pulire la cucina. Quando vedi i piatti affastellati e gli strofinacci ed il detersivo da prendere sul ripiano cui arrivi in punta di piedi vorresti pensare che la torta non la mangerai perché non ti piace, che tu proprio non nei hai voglia di sgobbare. Allora cosa fa la mamma? Ti fa annusare la torta e ti dice "solo se fai il bravo". La mamma è la Vita e questo lo sappiamo tutti. Anche un mio amico che dice che non ci crede, ma lui è arrabbiato con la mamma e questo ve lo dico un’altra volta. La mamma è la Vita. Solo che è una mamma un po’ pigra e ti devi ricordare tu di andare ad annusare la torta. Poi ti ricordi di quanto sia croccante lungo la crosticina, della marmellata della nonna che c’è dentro, che quest’anno pare sia una delizia. Ti ricordi com’è mangiarla ancora calda. E la torta che ha fatto questa volta la Mamma è così grande, così dorata, così… certo ha sporcato qualche pentola in più, il pavimento poi è un delirio. Magari puoi trovare una scusa o solo sgaiattolare fuori, lontano da quei fornelli sporchi. La Vita è una mamma inflessibile, la cucina la vuole vedere lustra e se no… niente torta.

Magari alla fine ce la fai. Se sei un ragazzo in gamba. Se a furia di guardare il mondo a testa in giù, appeso per le gambe agli alberi qualcosa del mondo ci hai capito. Ce la fai e ti ricordi della Vita, che ti sei appuntato che sapore aveva quella volta che l’hai vista. Anche se era così grande, anche se sembrava ti braccasse. Guardi i bambini pallidi e morti dietro i vetri di casa che ti sporgono semolino sulla soglia e ti dicono che sei uno scemo, che la Vita non c’è, che loro mica sono fessi e lo sapranno bene e là fuori presto sarà sera. Tu, che sei in gamba, ma davvero in gamba, perchè gli altri mica ce la fanno; tu rimani lì fermo un po’ e li guardi. E vedi che sono pallidi, che sono morti. E rimani lì fuori. Quando si fa scuro ti tremano le gambe, e dire che le tue sono forti, e sei quasi lì lì per correre alla casa dei bambini morti. Ma poi le stelle spuntano e lo capisci. Tutto ad un tratto lo capisci. La Vita non è una donna facile, si nasconde, si nega. Ma è così bella che non hai fiato. E che se anche volessi scappare non potresti più. L’hai cercata, te la sei dimenticata per un attimo, l’hai reinseguita e presa. Ed è così bello, un po’ solitario forse, i bambini vivi sono pochi. Ma agli altri non ti riuscirà mai di spiegare quanto sono belle le stelle, che non vedono dietro i loro vetri scuri, a proteggerli dalla luce. Loro sapranno solo leggere la fatica, il dolore, il pianto e la grande pazzesca paura che c’hai messo per rimanere lì. Ed alla fine ognuno penserà forse di avere ragione, non lo so, io credo che alcuni bambini morti aprano appena la finestra, sbircino fuori e sospirino. Un lupo ulula in lontananza e tornano a rifugiarsi sotto le coperte.

Io non lo so, è che un amico mio mi ha detto che lui ce l’ha fatta perché la Vita la prima volta gli ha fatto l’occhiolino e da lì tutto è stato più facile.

Ad altri non l’hai mai fatto
ed ancora aspettano sulla soglia e piangono. Perché non è giusto ed hanno ragione.

La Vita non è giusta. E’ già troppo impegnata ad essere la Vita.

Ho sentito dire che anche ad un altro la Vita gli ha fatto l’occhiolino ma lui lì per lì ha avuto paura. Adesso piange tutti i giorni e di notte ha più paura degli altri. Che in quell’occhiolino lui la Vita un po’ l’ha vista ed ora gli manca.

Ed io non lo so. Non so quanto lavoro lo faccia la Vita e quanto lo debba fare tu. So che se non ci si mette d’impegno assieme non ci si incontra.

A volte la Vita l’aspetti, tanto tempo a prepararti per bene e lei non viene mai.

A volte arriva e tu le chiedi cinque minuti. E lei ti dice sorridendo "ma allora non hai capito niente?". Ma non è una domanda, è un addio.

A volte arriva, eri lì e la segui. E corri e hai tutta la bocca che sa di sangue e corri e corri e ti sembra che ti stia scappando, poi arriva si ferma e ti dice "arrivati". Non è che si scusa per la piccola prova cui ti ha sottoposto, non è il tipo. Però ti mostra le stelle una ad una. Insomma, bisogna saperla prendere, lei è fatta così, non l’ha deciso lei e non l’abbiamo deciso noi.

E’ così ed il mio amico annuisce con la testa.

Vuoi provare a venire con me? Che la strada l’abbiamo trovata insieme, ricordi? Non te la dimenticare, è importante!

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