September 8, 2012

Strade, detriti, Est

Arrivi a Torino che vuoi andartene in più fretta possibile. Sparire, dileguarsi, come t’inseguissero. Non ti insegue nulla, è solo il tempo, conta i secondi che ti sfuggono di tasca. È un lavoro di una noia mortale.

Poi a Torino ci rimani qualche giorno e percepisci le immagini appiccicate a ogni incrocio, lungo ogni viale. Ci sono un boato di fantasmi a Torino. Un casino, mi chiedo come facciano a starci tutti, nella mia mente, nella mia povera mente.

Puoi volere andare via, ma, cara Torino, le tue mura sono sempre davanti a me (Isaia 49, 16).

Il campanello dice ancora “Giuseppe Caccetta”. Anzi, un angolo è strappato per cui dice “Giuseppe Caccet”, che fa molto più internazionale, mi sono sentito un po’ James Bond per sette anni (o otto? Non lo ricordo) con quel nome, che non è il mio, sul campanello. Se ci ripenso mi sento ancora un po’ James Bond. Ma sono le dieci del mattino di Sabato, e io sono in provincia, a casa dei miei. Adesso ho una casa sola, sta in Germania e sulla porta non c’è scritto nulla. Io sono l’8200.

 

Ho chiuso la porta: è stato buffo perché ha fatto lo stesso rumore di sempre.

Forse, avessi ascoltato bene, avrei sentito bisbigliare. Non so, magari Flavia che diceva a proposito della casa catastrofă naţională. C’è ancora scritto sulla lavagna, se guardi bene.

Mojca mi ha confermato, per cui io parto, oggi, e vado in Slovenia, a fare la vendemmia. Già a dirlo si capisce che è una figata. Mi piace cavalcare verso Est, mi sembra di andare incontro all’alba, poterle dire: incontriamoci a metà strada. L’idea di partire, di partire a breve, mi fa sempre fare respiri più profondi, più veri. Come se ci fosse una nota più vivida nell’aria. Io parto.

Ho mangiato, perché quando cucina l’Inarrivabile si mangia bene mentre in Germania si mangia male, malissimo, non si mangerebbe affatto.

E poi l’alba mi è esplosa in faccia. Ho spazzato via i frammenti rimasti sui vestiti, mi sono alzato, ho ripreso a camminare.

They raped him to death? – C’è un tono di sorpresa in risposta, Daniele continua a ripetere la domanda.

Avrei anche sonno, tecnicamente.

C’ho i pensieri interrotti, l’attenzione scivola via in flussi ramificati. Dov’è la foce di tutto questo pensare? Quand’è che smette e io riprendo a vivere? Certe domande bisognerebbe sapersele fare solo prima di colazione, mai durante, ti rovinerebbe la giornata. Finiresti con lo spalmare il burro dove non devi e la marmellata, Cielo, che cosa ho fatto con la marmellata?

Domande, domande, domande. Sei buono te a farle, io non ho voglia di rispondere. Sporgo la testa fuori dal finestrino e sto zitto con la testa. Come quando poi fai una cazzata.

Ma io riprendo possesso della strada! Mi muovo, vado verso la Slovenia e poi, credo, più su, verso la Germania. E a questo punto credo attraverserò l’Austria, perché è in mezzo, la correrò tutta d’un fiato. L’Austria. È uno di quei posti dove è bello prendere un caffè, lì, dove leggi Geöffnet, la scritta che lampeggia.

 

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