November 1, 2014

Poi, una birra

Poi ho aperto una birra.
Un anno fa ero ad una festa, circondato da persone e musica forte. Avevo un bar in casa e amici a portata di voce.
Un anno e’ passato. E’ sera e C. dorme, io, per intanto, apro un’altra birra e penso.
Penso a quando la birra correvo a comprarla al Tankenstelle vicino casa.
Penso che tutto e’ cambiato, e tutto cambia, e a quel laghetto dietro Leopoldstrasse non saprei come tornarci.
Ogni immagina e’ archiviata in qualche forma, non direttamente a portata di mano, traspare sbordata, sul fondo della lattina, o almeno credo valga fare il tentativo, cercarcela.
Poi ho accelerato, ho fatto uno scarto improvviso e mi sono ritrovato qui, a Dublino. Posso stare altri sei mesi in questa casa e credo che in sei mesi io cambiero’ molte cose, rivoltero’ questa vita come un calzino e faro’ fatica a riconoscerla.
Provare a mettere in fila le sensazioni e le esperienze non ha senso, numerarle non si puo’, tornano a mischiarsi a confondersi. Una notte d’estate a Biot, a crepare di caldo e ti ritrovi gia’ a Salou, Daniele con le treccine. Su un balcone di un ostello di Valencia, diciott’anni e non sentirli. Un attimo dopo sei a Zurigo, a cantare con Antonio, Mojcarella e Domen. Una serata al K3 e ti ritrovi catapultato ad Amsterdam a rincontrare quelle stesse persone, a ricomporre un disegno che torna rapidissimo a scomporsi.
Da quant’e’ che non vado in Portogallo? Diogo viene a trovarmi per Natale.
Sono passati quasi due anni (fra un mese) dal viaggio in India, sei mesi dagli stati uniti.
Tutto cambia e nulla sembra spostarsi. Io ho la birra, gli amici non sono piu’ a portata di mano, e non lo e’ neanche la memoria, frammentata e scomposta.
Io ho la birra e se non aiuta a mettere ordine fa compagnia, rallenta un attimo gli ingranaggi, ti lascia l’illusione di poter cogliere l’insieme, come catturare in un momento l’arco perfetto, che mi spiega che fine ha fatto la Clio di Claudio, che torna a riempire il Santa Fe’ di musica tracotante e poi la espelle dolcemente, mentre balliamo davanti all’Hiroshima.
Non so se tutto ha un senso, e certo non lo saprei spiegare.
Pero’ posso dire che mi sono divertito e mi mancate. E mi manco un po’ anch’io. Che oggi faccio questo e domani faro’ quell’altro, e che spero che inciampero’ in situazioni in cui quel modo di sorridere obliquo, mi permettera’ di cogliere la giusta prospettiva, e trovare la nota Z che si nasconde nelle cose e farla vibrare, come quando si spara lungo le strade strette della Liguria, come quando ti chiedono se sei Italiano. E magari sono convinti che l’apple pie non ti piaccia mica.

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